La recensione di “Pelle di foca” di Melania D’Alessandro la trovate: qui
L’intervista
1 Quanto tempo hai impiegato per scrivere il tuo bellissimo libro “Pelle di foca?”
Ho scritto il romanzo in tempi differenti e a più riprese, per cui mi è difficile dare una risposta breve a questa domanda. Lo iniziai alla fine dell’estate del 2015 e durante l’inverno ne interruppi la stesura per motivi legati alla mia vita privata. Lo ripresi nell’estate del 2016, concludendolo a novembre dello stesso anno. Ciononostante, il lavoro sul testo è continuato fino a febbraio 2017, per poi giungere alla stesura definitiva con l’editing svolto per gran parte del 2018. Un anno per la prima stesura, dunque, ma ci sono voluti quasi tre anni per tirare fuori la vera essenza del testo.
2 Da dove proviene il tuo interesse per l’Irlanda?
Questa è una domanda interessante e non sono sicura di avere la risposta in mano. È una terra che, insieme all’Egitto, mi affascina fin dalla tenera età e senza un motivo particolare. Ne amo le tradizioni, i paesaggi, i canti, i miti, il folklore… E questa passione mi ha spinto, negli anni, a collezionare storie sull’Isola di Smeraldo, libri e romanzi scritti da altri che ho divorato con passione e trasporto. Non ci sono ancora mai stata, ma ho viaggiato virtualmente in questa terra così tanto da sentirla parte di me in un modo che mi è difficile spiegare, forse perché appartiene più all’anima che alla mente razionale.
3 In che misura l’Irlanda ha influito nella tua scrittura?
Sulla stesura di “Pelle di Foca” ha sicuramente giocato un ruolo da protagonista. Ho trascorso giorni, settimane, mesi ad ascoltare la musica del luogo, a guardare video e documentari che la riguardassero e a immergermi nelle sue atmosfere. Per un anno ho vissuto in Italia, la mia casa, ma per quei 12 mesi la mia mente era da tutt’altra parte, catapultata a chilometri e chilometri di distanza. Era come se fossi davvero lì, sulle scogliere a picco sull’oceano. Ho la fortuna, da questo punto di vista, di vivere in una località di mare, per cui non mi è stato difficile immedesimarmi nei personaggi e guardare il paesaggio con i loro occhi, anziché coi miei. Avvicinarmi al mare era per me un modo per connettermi con la lontana Irlanda e con i miei protagonisti. Per quanto riguarda, invece, la mia più generale produzione, posso dire che anche in questo caso l’Irlanda ha sicuramente influito, almeno nel suo aspetto mitologico e folkloristico, a stimolare la mia fantasia in modi e tempi differenti. Le altre storie scritte e pubblicate da me non hanno niente a che vedere con questa terra meravigliosa, ma la loro impostazione fiabesca ha avuto sicuramente un’ispirazione da quelle leggende che ho sempre amato, apprezzato e letto e che appartengono alla cultura celtica.
4 Nel tuo libro ci sono svariate tradizioni e leggende legate al mondo delle Selkie, hai letto molti libri sull’argomento? Ti sei documentata per scrivere “Pelle di foca”?
Come ho accennato nella risposta precedente, sì, quello della documentazione è stato un lavoro importante, che mi ha guidata anche nella fase di editing. Per quanto riguarda le selkie in particolare, ho letto tutte le leggende che ho trovato, ma la mia attenzione era focalizzata per la maggior parte sull’ambientazione. Dovevo dar vita a un mondo che, di fatto, non avevo – e non ho – mai visto né toccato con mano, è stato rischioso buttarsi in questa impresa e a tratti anche faticoso, ma lo rifarei. Ho guardato film ambientati in Irlanda, letto stralci di libri in lingua, ricercato siti interessanti alla costruzione dell’atmosfera giusta, letto racconti di viaggio di chi ci è stato, sfogliato per ore le foto su internet… Insomma, si è dimostrato un lavoro che mi ha tenuta impegnata per lungo tempo, sia prima della stesura che durante.
5 Legandomi alla precedente domanda, nel racconto ci sono alcune ballate in lingua irlandese. Ti piacerebbe raccontare qualcosa su questa lingua e queste tradizioni?
L’idea di inserire all’interno del romanzo la musica tradizionale è sorta in fase di editing. Si è fatta strada in me la consapevolezza che gli irlandesi hanno fama di essere grandi amanti di musica e ballate, io stessa amo molto la musica folk irlandese, per cui mi sono detta che sarebbe stato appropriato renderla parte integrante del testo. Non conosco il gaelico, non l’ho mai studiato e con ogni probabilità non lo farò, ma resta comunque affascinante, e studiare i significati nascosti dietro i testi delle canzoni mi ha aiutata ulteriormente a calarmi nella mentalità di un popolo, ad avvicinarmi un po’ di più alle sue tradizioni. In passato ho addirittura abbozzato una trama partendo proprio dal testo di un’antica ballata, chissà che prima o poi io non la riprenda in mano per tirarne fuori la storia che avevo in mente.
6 Le favole e le leggende fanno parte del tuo bagaglio culturale?
Sì, senza ombra di dubbio. Come credo sia capitato a tutti, sono cresciuta con le fiabe, sviluppando un rapporto particolare con esse. Da bambina ne inventavo spesso di mie e, una volta giunta alle scuole superiori (mi sono diplomata alle vecchie Magistrali), ho avuto modo di impararne il valore pedagogico, ne ho appreso la natura iniziatica ormai andata quasi del tutto perduta e gli schemi archetipici. Incuriosita da queste tematiche, ho deciso di approfondirle. È un percorso, quello delle fiabe iniziatiche, che mi accompagna ancora oggi e che è ben lungi dall’essere terminato, ma mi appassiona e mi offre spunti sempre nuovi di riflessione e creazione. In fondo, “Pelle di Foca” è nato proprio così: leggendo e ricercando nelle origini di una fiaba/leggenda la risposta a una domanda dell’Anima.
7 Naturalmente nel tuo libro parli anche delle foche, hai fatto alcune ricerche per descriverle così bene?
Anche in questo caso, rispondo in modo affermativo. Salvo qualche sporadica esperienza infantile in parchi acquatici e acquari pubblici (ahimè), non ho mai avuto l’opportunità di osservare le foche nel loro habitat naturale o in un ambiente in cui potessero sentirsi a loro agio. Mi sono affidata all’istinto, ho letto fiabe e credenze che le riguardassero, mi sono informata sulla simbologia totemica di questi animali, ne ho appreso le abitudini… e anche in questo caso mi è tornato utile YouTube, che mi ha permesso di osservare questi straordinari animali per poi descriverne i tratti, le movenze… insomma, in casi come questo benedico la tecnologia.
8 Perché hai cominciato a scrivere?
Scrivo da sempre, da quando ho preso in mano la penna. In un primo momento quello che scrivevo si limitava a racconti molto brevi, che poi sono andati via via sviluppandosi quando nacque mia sorella. È stata lei il motore che mi ha spinto a voler raccontare: amavo scrivere piccole storie per lei, mi divertiva e lei apprezzava. Ci divertivamo così, da bambine. Inutile dire che la mia scrittura si sia evoluta con me, in base alla mia crescita, accompagnandomi sempre come un’amica fidata durante le tappe fondamentali della mia vita. Nel caso specifico di “Pelle di Foca”, invece, a darmi il via è stato il bisogno di voler raccontare la storia contenuta nelle sue pagine e trasmettere i suoi messaggi: libertà, trasformazione, pregiudizio, accettazione di se stessi.
9 Quali sono gli autori, se ne hai, che ti ispirano?
Non so se si possano definire vere e proprie ispirazioni, ma di sicuro la mia scrittura aspira alla bellezza contenuta in “Jane Eyre” di Charlotte Brontë, il mio romanzo preferito. Sarei felice di raggiungere, in un futuro più o meno lontano, la bravura dell’autrice, la poesia delle sue parole e la tensione drammatica dei suoi personaggi. Credo mi abbia influenzato lungo il percorso anche lo stile di Sarah Addison Allen, e per “Pelle di Foca” mi sono ispirata a quello di Juilene Osborne-McKnight ne “Il cavaliere irlandese”. Le altre due muse da cui vorrei farmi ispirare per le mie opere future sono Lucy Maud Montgomery, autrice del sublime “Anna di Tetti Verdi”, meglio conosciuta come “Anna dai capelli rossi”, e da Juliet Marillier nel suo “La figlia della foresta” (trilogia di Sevenwaters). Sono tutte autrici femminili, lo noto solo ora, ma in effetti amo indagare gli innumerevoli aspetti della psicologia delle eroine e la visione personale che una donna ha del mondo.
10 Ti giro una domanda fatta a Ray Bradbury: scrivi per un lettore reale o per un pubblico particolare?
Per nessuna delle due opzioni, credo. Quando scrivo lo faccio per un bisogno di mettere su carta riflessioni profonde, riverso nella scrittura la passione e l’amore che provo per la parola e la trasmissione di sentimenti e conoscenze. Non mi rivolgo a una persona in particolare, in quanto al target auspico semplicemente a raggiungere il cuore del maggior numero di lettori, ma senza forzature: quello che scrivo deve piacere soprattutto a me, poi è ovvio che in me ci sia l’augurio che piaccia anche al pubblico che lo accoglierà. Col tempo sto maturando la concezione della scrittura come dono incondizionato, anche se non sempre è facile attenervisi. Vorrei che le storie uscite dalla mia penna diventino un dono da anima ad anima, da cuore a cuore, senza aspettativa. Non sono ancora giunta a questo traguardo, ma mi sto impegnando affinché ciò avvenga.
Intervista di SimonaEmme e Melania D’Alessandro
Immagini di Melania D’Alessandro