Socchiudo gli occhi. Mormorio di ali. Stropicciate, intricate, screziate, dischiuse.
L’aria è madida di incanti, nascosti sotto la sabbia o tra le foglie. Ci azzittiamo, in ascolto. Al di là del fosso, gracidano le rane, e più in là, le timide lucciole illuminano il prato. Assomigliano a stelle cadute.
Le api e i bombi si tuffano nella lavanda, mentre i maggiolini gialli volano con le farfalle.
Il verde avanza, ingoia il bosco. La notte ha il canto dell’usignolo e dei grilli.
L’odore dell’estate è inconfondibile, sa di polline, petali, terreno, asfalto e fatica. E’ l’odore del tempo che incede lentamente, a piccoli passi, ralleeeenta. Sa di gente, deodoranti, creme solari. Sa di polvere, cemento e acciaio. Sa di alghe, vesciche sotto i piedi e film all’aperto. Sa di citronella e autan. Sa di piscio e sudore. Sì, l’estate ha un suo odore. Fatto di quattrocentodiciotto bibite, undici gite, milleduecento punture di zanzare e centinaia di ciliegie.
E’ il profumo inconfondibile della pioggia sulla terra asciutta. E io la amo come una figlia impertinente.