Sulle tracce della felicità

Di viaggi, sono sincera, ne ho fatti parecchi, soprattutto in Europa, ma questo, più di altri, ha rimescolato l’anima.

Non è stato il solito viaggio “spettacolare” a cui ero abituata, soprattutto negli ultimi anni. Non ho visto scogliere da togliere il fiato, spiagge color cioccolata, acque turchesi o città scolpite sulla roccia rossastra. Non ho visto deserti infuocati, brughiere desolate, castelli diroccati o distese di lavanda. Non mi sono abbeverata sotto ad un ulivo, né ho ammirato il tramonto da una caletta di sabbia bianchissima. E’ stato un viaggio catartico. Di purificazione. In fondo, se mi giro indietro, dell’Irlanda mi mancano i muretti di pietra, le casette colorate incastonate nel verde, le pecorelle che invadono le strade. Sì, guardandomi indietro ho nostalgia del cervo che mi guardava fisso, su, nel Donegal e di quello del Wyoming. Ho nostalgia del pettirosso curioso del parco di Glenveagh e dell’avvoltoio del Grand Canyon.

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Per quanto ami fotografare e nonostante giri spesso con più di una macchina fotografica, scatto pochissime foto. A me piace vivere il momento.

I viaggi sono pieni di particolari. Dalle coltivazioni di luppolo agli alberi altissimi della Germania, dagli edifici barocchi all’acqua allo zolfo di Karlovy Vary (Repubblica Ceca), dai campi di grano al mare scuro del Baltico. E poi c’è la storia, l’immaginazione, il fantastico volo pindarico del “navigatore”.

In Lubecca (Germania) ho rivisto Bruges e un piacevole senso di déjà vu mi ha accompagnata fino a Copenaghen (Danimarca).

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Come dicevo, vivo di particolari, di storie narrate ininterrottamente nei secoli. E così imparo, prendo appunti. Mi perdo.

Fin da bambina ho sentito raccontare la favola dell’Italia, “il paese delle meraviglie”, perché si sa “nessuno sta meglio di noi”. Suppongo che i politici viaggiano bendati e molti, troppi, non sappiano vedere al di là del proprio naso. Siamo circondati di oggetti, centri commerciali, supermercati e vestiti usa e getta. Abito nella Pianura Padana, il luogo più inquinato dell’Unione Europea…

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Ogni città racconta una storia. Ad esempio, Lubecca con il palazzo “Buddenbookhaus” appartenuto a Thomas e Heirinch Mann, e l’opera perduta, durante il bombardamento del 1942, della “Danza Macabra” (chiesa di Santa Maria).

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Perfino i dolci di marzapane narrano i racconti del “mare”…

Poi c’è il mare Baltico. Un mare freddo, scuro e impertinente. Eppure le spiagge assolate sono colme di tedeschi. E allora via, per un’altra avventura… in cerca di ambra e di pietre prodigiose.

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Un gabbiano ci ha seguito lungo il tragitto per la Danimarca. Ho pensato che fosse di buon auspicio.

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Dio quanto è bella Copenaghen! I turisti stanno in fila per prendere l’acqua. Ed è piena, piena di gente, a parte al mattino presto, dove inciampi sui monopattini elettrici a noleggio.

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Ci sono le biciclette, i fiori e ancora le biciclette, e poi, c’è lei: la Sirenetta.

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Di racconti sui Vichinghi la Danimarca è piena. Alcuni si aspettano pietre, altri ancora navi gigantesche, non ci rimangono che ossa, fragili trame di un passato prodigioso.

Le navi di Roskilde sono state costruite in Irlanda, non lontano da Dublino, intorno al 1042. Le pietre runiche di Jelling testimoniano la conversione del regno Danese e Norvegese al cristianesimo da parte del re Harald Blåtand (Harold Bluetooth in inglese da cui è stato tratto il simbolo runico per il Bluetooth) nel X secolo. La pietra più piccola di Jelling venne scolpita per volere di Gorm, re pagano di Danimarca e padre di Harald, in onore di Thyra. Vicino le pietre runiche, ci sono due tumuli sepolcrali. In luoghi come Tralleborg si possono ammirare i “resti” di fortezze e alcune ricostruzioni di case vichinghe. 

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Continua…

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