Talvolta penso di essere una persona noiosa. Sapete, una di quelle persone che non ha nulla da dire. Prendete le mie amiche. C’è chi parla di libri, chi di figli, chi di lavoro, chi di università, chi di ricerche, chi di tutto e chi di niente. Io? Conservo le parole sotto a un albero. Al momento non lavoro. Spazzo le foglie dal vialetto, ne faccio a mucchi sul prato, raccolgo i cachi, preparo torte e guardo il cielo. Fotografo, leggo riviste di storia, perdo tempo in rete, lavoro all’uncinetto. Faccio sciarpe e presine. So fare solo quelle. A volte seguo un corso on line, altre volte ascolto musica o un audio libro mentre cucino o spolvero. Altre volte gioco a June’s Journay, altre volte ancora guardo un documentario o RuPaul e i suoi Drage Race. Mi piacerebbe condividere la mia passione per i programmi leggeri, come Cortesie per gli ospiti, parlare di film Horror e letteratura gotica, svelare i retroscena di Fargo o narrare qualcosa sull’Underground railroad. Mi piacciono le fiabe, le leggende, le candele e le tisane. Sono un’anima antica dopo tutto. Nel frattempo la natura si esprime nei migliori dei modi. Si accende con rapida e vistosa fiamma. E le parole rimangono indietro. Quando visito un museo, una mostra, un luogo, penso al potere della cultura. Negli anni ho compreso che esistono i muri. Quelli che creiamo nella nostra testa; quelli che creano le persone attraverso le parole; quelli costruiti sull’ignoranza.

Penso a chi si isola avvinto dal proprio intelletto, a chi dipinge il proprio credo come Unica via. A volte sono una testimone inconsapevole di litigi, invidie e polemiche sterili. Non capisco come non si riesca a cogliere il meglio. Così tendo a chiudermi nel mio mondo, con le mani immerse nella terra: il mio tutto e il mio sempre.

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A me piacciono le case apparentemente disordinate. Colorate, amate, profumate (di incenso, miele, legno, resina, essenze…). Al momento le mostre e i musei sono chiusi, la mia casa abbonda di pezzi vintage e il pc di foto museali. Ho pensato così di creare delle mostre virtuali che aggiornerò settimanalmente.

Ferri da stiro, vestiti e altre cosucce 1890 – 1950

Ferro da stiro

Questo è un ferro da stiro a carbone, tipico della civiltà contadina. Faceva parte del corredo di mia nonna, donna del Montello (TV). La brace veniva introdotta dall’alto, mentre i fori servivano a far circolare l’aria. La valvola si utilizzava quando i fori non erano sufficienti a mantenere viva la brace.

Sotto un vecchio ferro da stiro in ghisa, senza brace, che utilizzavano spesso le ricamatrici. Inizio XX secolo.

Questo è un ferro da stiro elettrico degli anni cinquanta del millenovecento.

Sotto un ferro da stiro ad alcool acquistato in un mercatino dell’antiquariato. Non so esattamente l’epoca, forse fine ottocento, inizio novecento. E’ piccolo, si pensa fosse un ferro da viaggio.

1800 – 1900

A cavallo tra i due secoli 1800/1900 – dal museo di Luserna (TN) –

Abito da sposa – manifattura napoletana – 1925 – Palazzo Pitti a Firenze

Scuola di Merletti – 1916 – Museo di Luserna

Specchi

Alfred Tennyson scrive un poema romantico, The lady Of Shalott (1833) ispirandosi ai racconti arturiani.

La signora di Shalott vive in una torre, non lontana da Camelot. Osserva il mondo attraverso uno specchio e tesse quello che vede su una grande tela. Un giorno sente dei rumori e, stanca di vivere di riflessi, guarda Lancillotto e i suoi cavalieri. La maledizione di Camelot si compie. La bella signora sale su una barca, lì si adagia e muore. Il fiume la conduce a Camelot, dove viene accolta da Lancillotto.

Il poema lo potete trovare qui

Inizialmente gli uomini osservano la propria immagine in una pozza d’acqua, col passare del tempo i primi specchi sono delle pietre ben levigate, come l’ossidiana. Con l’età del bronzo gli specchi sono dischi lucidati di bronzo, rame, argento o di altre leghe. Gli specchi metallici sono stati utilizzati per tutto il Medioevo. Plinio il Vecchio afferma che gli artigiani dell’antico Libano, Sidone, producano specchi rivestiti in foglia d’oro. Solo nel Rinascimento incontriamo il vetro.

Tra le varie usanze funebri vi è anche quella di coprire gli specchi della casa del defunto, in modo tale che nessuno vi si possa specchiare. Un tempo si credeva che l’anima del deceduto potesse, attraverso lo specchio, acciuffare l’immagine riflessa di una persona viva, conducendola nell’altro mondo. In alcune religioni, come quella ebraica, chi è in lutto non può guardarsi allo specchio.

La mia casa è piena di specchi, alcuni sono vecchi, la maggior parte moderni.

Specchio vintage anni cinquanta del novecento

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Tutti i centrini sono stati fatti a mano (da mia suocera, mia madre e dalla zia di mia suocera).

Le foto sono quelle che sono per mancanza di luce naturale (in casa).

Le foto a Luserna sono state scattate nel 2015, quella di Firenze nel 2016.

Vi lascio con un’immagine “vittoriana” acquistata in un mercatino. Per il personaggio di Anna, di “Al tempo dei lupi”, mi sono ispirata a lei.

Spero che questa idea piaccia e grazie se siete arrivati fino a qui.

7 risposte a “Mostra “Cose di casa e altre storie””

  1. Avatar Mostra – vita semplice – – A piedi nudi

    […] Seconda parte, la prima la trovate QUI […]

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