
Aurélien Rochefer vive in Provenza, alla fine dell’Ottocento, e vuole fare l’apicoltore. Tra sogni e aspirazioni, finisce in Africa, dove incontrerà mercanti, uomini potenti e la Regina delle Api.
“L’apicoltore” è una fiaba di una bellezza struggente. Un racconto breve capace di contenere più storie: quella del deserto, dell’acqua, della follia, dell’avidità, della sensualità, della speranza, dell’amore e del miele. Maxence Fermine ha il dono della sintesi, riesce in poche pagine a trasmettere l’essenza dell’oro, dare forma ai desideri. Aurélien rincorre i propri sogni, anche a costo di perdere tutto.
Un mattino di gennaio, Aurélien trovò nella neve un’ape morta. Era vestita d’oro e di nero, autentica gemma di fuoco in un oceano di candore. La prese delicatamente col pollice e l’indice di una mano e la posò sul palmo dell’altra. A contatto con la sua pelle, l’ape congelata si infranse come vetro. Quando Aurélien aprì la mano e la voltò verso il suolo, vide con tristezza un pizzico di polvere d’oro brillare nell’aria e svanire sulla neve.
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Il miele provenzale più noto è quello di lavanda, che ha un gusto delicato, ma quello della foto (in alto) è di “castagno” che ha un sapore unico, tra il dolce e l’amaro. Quando faccio il pane, metto un cucchiaino di miele nel lievito madre, per aiutare la lievitazione. Ecco, il pane che ne viene fuori racchiude le note di quel miele. Si dice che le api impazziscono per i fiori di castagno, tanto da diventare eccitate e aggressive poco distanti dall’alveare.
La pappa reale è una secrezione delle api e viene utilizzata per nutrire le larve e l’ape regina.
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Qualche anno fa andai in Provenza. Maxence Fermine mi ha fatto tornare lì, tra i suoi profumi. La Provenza è fatta di villaggi abbarbicati sugli speroni di roccia, di paesini immersi nella lavanda, di cicale, castelli, meloni e olivi.



Quando ero ragazzina volevo vivere a Nord (più a nord di qui), mi piacciono i giardini inglesi, le cittadine irlandesi, scozzesi, la pianura bionda danese, sono affascinata dai vulcani islandesi e dai fiordi norvegesi. Adoro la neve. Oggi, invece, quando chiudo gli occhi vedo l’Andalusia, la Provenza, il deserto Tunisino, Egiziano, o Giordano e la mia Lanzarote. Amo il colore del miele, le sfumature dorate, le albe sognanti e il caldo che ti fa sentire vivo ogniqualvolta bevi un sorso d’acqua. Non sono fatta per stare al sole, ma come le falene sono attratta dalla luce.




Musica del post
Duminica jurnata di sciroccu
Fora nan si pò stari
Pi ffari un pocu ‘i friscu
Mettu ‘a finestra a vanedduzza
E mi vaju a ripusariAh, ah! ‘A stissa aria ca so putenza strogghi ‘u mo pinzeri
Ah, ah! ‘U cori vola s’all’umbra pigghi forma e ti prisentiNan pozzu ripusari
‘U suli ora trasi dintr’o mari
E fannu l’amuri
‘Un c’è cosa cchiù granni
Tu si la vera surgenti
Chi sazia i sentimentiAh, ah! ‘A stissa aria ca so calura crisci e mi turmenta
Ah, ah! ‘U cori vola sintennu sbrizzi d’acqua di funtana
‘Ndo mo’ jardineddu mi piaci stari sulaAh, ah! ‘A stissa aria ca so calura crisci e mi tormenta
Ah, ah! ‘U cori vola sintennu sbrizzi d’acqua di funtana
‘Ndo mo jardineddu mi piaci stari sulu
Mi piaci stari sula
Battiato e Giuni Russo