Che grande cosa oggi la felicità

A volte i racconti rimangono in silenzio. Li teniamo stretti, conservati tra un vasetto di marmellata e una scatola di ricordi.

Mi piace sedermi vicino alla lavanda.

Osservo gli insetti.

Nell’orto maturano le zucchine, i cetrioli, i pomodori, le patate, le fragole e i peperoni. La pianta di anguria corre ovunque. La lavanda e l’iperico esplodono al sole. La malva sorride timida tra l’erba secca. Fa caldo. Ed è così che deve andare.

La fotografia è come l’orto, il giardino, l’oleolito di iperico, l’idrolato di rosmarino o, che ne so, la pasta madre (che porta il mio nome, mi piace ripeterlo). La fotografia è fatta di attese. Di momenti giusti. Di luce, acqua, vento, ombre. Disciplina. A me piace sbagliare, curare, imparare. Guardo i pomodori, i fiordalisi e le lavande che ho seminato e, da madre mancata, ne vado fiera.

La fotografia è quella cosa lì. E’ costruita sui silenzi, in completa solitudine. Poi… si condivide. Come i frutti dell’orto, il nocino fatto in casa, la marmellata di lamponi, la conserva di luglio.

A me l’estate piace, anche quando ho mal di testa, anche quando sudo, anche quando non ce la faccio più. Mi fa sentire viva, utile. Mi alzo presto per coccolare il giardino, per dissetare le piante, l’orto, i fiori per le api, i bombi e le farfalle. Ci sono solo le cavallette, le cicale sugli alberi, gli uccellini che si cibano delle susine. Il resto brucia al sole, nella polvere portata dalla strada.

Non ho un piano. Osservo, imparo, fotografo, condivido.

La bellezza è quella cosa lì. Quella cosa lì. E’ come una semplice macedonia, un complimento sentito, il battito d’ali, un bacio con lo schiocco, una nuvola in viaggio.

Il mio “fratellone” virtuale AElfwine (spero continui a scrivere) nell’ottobre 2006 postava…

La felicità oggi è:

Svegliarsi la domenica mattina alle 7:30 per vedere il Gran Premio e addormentarsi pesantemente sul divano, è sapere il risultato della gara dal tg all’ora di pranzo.

È accendere il telefono e cancellare tutti gli sms arrivati senza leggerli.

È girare per casa agitando maracas di plastica dell’ultimo carnevale mentre dallo stereo Willy DeVille canta Hey Joe: “I’m goin’ way down south, Way down to Mexico way, Alright! I’m goin’ way down south, Way down where I can be free, Ain’t no one gonna find me” e nell’aria di festa che si respira immaginare Joe che finalmente è fuggito in Messico, libero. Sangue, polvere, gelosia e la pistola di “the mexican” che non spara più.

È andare a trovare mia madre sperando che non mi insulti per il troppo tempo che non mi faccio vivo ed essere accolto da un festoso: “testa di cazzo!!”.

È un pranzare di corsa per vedere la partita della mia Roma e perdere il gol per essere andato in cucina a bere.

È la voce di mia moglie che mi chiama e bussa alla porta del bagno per accertarsi che sia ancora vivo, mentre pantaloni abbassati seduto sulla tazza mi gusto l’acustica magnifica del bagno mentro suono la chitarra, ha un gusto tutto particolare suonare lo “studio in Mi minore” di Francisco Tarrega mentre si caga, provare per credere.

È piazzarsi sul divano per vedere finalmente “memorie di una geisha”, è fare mentalmente una considerazione: un regista americano che cerca di rendere quanto di più profondo e complesso ci sia nel pensiero nipponico anteguerra usando attori cinesi. Idee confuse lui e bocca leggermente storta io a fine film ma con gli occhi che ringraziano per la mirabile visione della bellezza anomala e sconvolgente di Ziyi Zhang, ebbene si, sono estremamente sensibilie al fascino delle figlie della luna.

È rompere una tazzina mentre verso il caffè a cena tra uno sgattaiolare di gatta svegliata di soprassalto ed un raccogliere piccoli pezzi di ceramica che sembrano denti, metterli in bocca di corsa e girarmi poi verso mia moglie facendo il verso di sputarli via dopo uno sganassone.

È uscire un attimo per comprare le sigarette e non trovare più la strada di casa, è la faccia della barista mentre chiedo un aperitivo alle 11 di sera, che ce posso fa se mi andava ‘n americano?

È rientrare e rimboccare lo coperte a mia moglie già nel letto mentre lei si arrotola insonnolita una ciocca e mi dice: “gazie!” con una voce da bimbina.

È collegarsi di nuovo al mio blog abbandonato ed avere voglia di scriverci su qualcosa. La felicità in fondo oggi è poca cosa, ma che grande cosa oggi la felicità.

AElfwine

E va bene così.

***

Le foto sono tante e sceglierle diventa sempre più complicato. Ne posto una ventina, nella speranza di condurvi nel mio piccolo mondo.

Non piove da settimane, e ho perfino consumato la cisterna che conteneva l’acqua piovana. Do da bere alle piante, orto, viti, giardino… non al prato (sarebbe impossibile) e quindi nelle foto si percepisce il vocabolo “siccità”.

Panasonic:

Nikon, obiettivo 40 mm:

Canon obiettivo 18-135 mm:

Nidi nascosti (in questo caso ho usato un 400):

Musica del post

Mi auguro che le nuove generazioni siano migliori dei quarantenni, cinquantenni e sessantenni di oggi… Ai sognatori (e alla libertà). Sempre.

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