Triora

Nove anni fa, in aprile, visitai Triora. L’impatto fu magico, e non per la storia delle streghe.

La girai per la prima volta in una notte senza luna, spinta dalle parole di Vanna De Angelis. Dovevo vedere con i miei occhi la “Salem italiana”. Quando arrivai venni immediatamente catapultata nel passato. Nessun borgo riesce a incantarmi come Triora, con i suoi archi, carruggi e blasoni di ardesia. Ogni pietra narra una storia: le fontane, il vecchio forno, le case addossate le une alle altre, i portali scolpiti, la piazza della Colleggiata, i resti del castello duecentesco.

I borghi di montagna, aggrappati alle rocce quasi per miracolo, hanno un loro fascino. Triora non è da meno.

La notte del 2014 me ne innamorai perdutamente e lei seppe donarmi il suo cuore mostrandomi al mio arrivo una volpe.

Ogni volta che visito Triora accade “il prodigio”. Il tempo si ferma, l’aria si satura di incanti e nei saliscendi colgo frammenti di storia. Fatti di fatica, lavoro, passione e tragedia.

Anche questa volta una volpe mi ha salutata sul ciglio della strada.

Triora ti accoglie con i suoi vicoli stretti, gli stemmi rovinati dal tempo o dalla furia Napoleonica, gli androni scuri e se la vedi, la vedi davvero, non ti lascia più.

E’ un labirinto di camminamenti.

“… La sua campata sovrasta un orrido di oltre centodieci metri, e da lontano pare un filo di ragno sospeso sul fiume Argentina. Le acque scorrono nel fondo del burrone, tra forre e macigni luccicanti che ne raddoppiano la profondità, come nel fuoco di uno specchio magico…” (da “Le streghe” di Vanna de Angelis)

E poi c’è la storia delle streghe

Da sempre mi affascina la figura della strega, che ha molte facce: storiche, antropologiche, mitologiche, folcloristiche, leggendarie. Ogni persona, specialmente se è donna, vive “la figura della strega” in modo differente. C’è chi la collega alle statuette della Dea Madre; chi ricerca la figura della Dea nelle tradizioni e nelle leggende del territorio; chi si rivede nella figura della strega; chi conosce un po’ di erbe e si sente quella cosa lì; chi è convinto che le persone accusate, torturate e condannate fossero tutte “herbarie”; chi ne fa una presa di coscienza femminista e chi si veste di nero… Vi capiterà di inciampare su Ipazia, Giovanna D’Arco e Anna Bolena, tuttavia le streghe erano quasi sempre persone comuni con l’unica colpa di trovarsi nel luogo e nel tempo sbagliato. Sebbene la figura della strega sia collegata al Medioevo, le più grandi cacce si sono svolte tra il 1500 e il 1600. Sono state prese di mira soprattutto donne, Levack ne “La caccia alle streghe in Europa” sostiene che il 20% erano uomini. Sono state processate, torturate e condannate guaritrici, conoscitrici di erbe, levatrici, cuoche, ma anche persone che nulla avevano a che fare con la medicina popolare o con la magia. Sono state accusate donne per la loro bruttezza o avvenenza, per il loro potere o per la loro indigenza. Sono stati accusati di stregoneria bambini e bambine. Nel solo impero tedesco si parla di 30000 processi.

Le accuse scoppiavano durante una carestia, per ignoranza, invidia, per motivi religiosi, economici, politici.

Quando ci accostiamo a questa figura, scopriamo, ad esempio, che: strega deriva dalla parola latina strix, uccello notturno; Hexe (strega), in tedesco, dal vocabolo antico Hagzissa o Hagazzusa; sorcière, in francese, dalla parola latina “sortiarius” (chi pronunciava incantesimi); boszorkány, in magiaro, dal turco baszargan, che a sua volta nasce dal verbo basz (premere).

La figura della strega non è una narrazione romantica, dove le donne si incontrano per danzare spalla a spalla e per scambiarsi ricette come fossero figurine. Non è una sfilata in costume, una moda, un atteggiamento. Non è conoscere le erbe. Oggi con internet, i libri e i corsi è banale (mi si perdoni l’ardire) conoscere l’iperico, la centaura, la polmonaria, il tarassaco, la borragine. Non vuol dire essere vegani o vegetariani, né fare uso della medicina omeopatica, che all’epoca oltretutto non si conosceva e non c’entra con la fitoterapia (l’omeopatia nasce quasi nell’ottocento). Strega non significa utilizzare le erbe di Bach, aprire i chakra, fare yoga, meditazione, suonare le campane tibetane, né fare corsi per diventare naturopate, sacerdotesse o “conoscitrici” di piante, cristalli e dio/dea solo sa cosa. Non vuol dire sapere cucinare o fare il pane in casa. Strega non significa andare controcorrente per andare controcorrente, né vuol dire seguire “antiche religioni” o “nuove religioni”.

La figura della strega non può essere riassunta in poche righe. E’ una storia che trasuda misoginia, terrore e ignoranza. E’ una storia fatta di donne, persone comuni, avvelenatrici, medichesse, comunità, religione, paganesimo, tradizioni. E’ una storia che ci accomuna e ci spaventa. Una storia che si ripete in luoghi, modi e tempi differenti. Parla di voi. Di noi.

Molti anni fa inciampai ne “Il vangelo delle streghe” di C. G. Leland:

“La strega italiana… nella maggior parte dei casi viene da una famiglia in cui la sua vocazione o la sua arte è stata praticata per molte generazioni. Non ho dubbi che ci siano esempi la cui origine risale al Medioevo, all’antica Roma o forse all’epoca etrusca…”

Sarà che ero una ragazzina, mi rivedevo nello spirito sognatore del buon vecchio Leland, il quale aveva una visione dell’Italia, di fine ottocento, poetica e selvaggia, fatta di foreste e ruderi. Leland è stato uno dei primi a rivoluzionare la figura della strega e a influenzare, suo malgrado, le idee new age. Nell’edizione del 2001, nell’introduzione di Fabio Giovannini, si legge : “… oggi la Wicca è composta da congreghe in lite tra loro, unite solo dal culto per una dea femminile e ognuna alla ricerca della propria ortodossia…” Sono passati più di 20 anni e le persone litigano per dimostrare chi è più “strega”, “femminista”, spirituale, devota…

Leland, come me, è stato un instancabile ricercatore. Lui ha creato storie, affascinato dalle diverse culture (italiani, gitani, indiani d’america…), io cerco di sciogliere la matassa.

Triora – Le streghe

C’è chi va a Triora per comprendere la storia; chi va per morbosità; chi va per “sentirsi parte di qualcosa”; chi va per mera curiosità; chi ci va e basta.

In un mondo diverso, luoghi come Salem (non ci sono mai stata) o Triora dovrebbero essere visitati con un po’ più di rispetto.

All’inizio tutte le bamboline, i depliant, le porte ecc che richiamano la figura della strega, in una terra in cui sono morte delle persone accusate di stregoneria, mi davano fastidio. Se notavo ragazze vestite e truccate alla “Giovani streghe” o da sacerdotesse uscite da un racconto di Avalon, in un luogo in cui sono state imprigionate delle donne, mi faceva incazzare. Col tempo mi sono ammorbidita, ho imparato che ci sono donne che si descrivono come “diverse/streghe” per appartenere a un gruppo, sentirsi realizzate, complete. E se male non fanno…

Triora – i fatti

Nel 1587, un gruppo di donne, che per abitudine si riuniva presso le fonti o alla Cabotina, venne accusato di aver procurato la carestia. Il Podestà chiese l’intervento degli inquisitori. Furono interrogate una ventina di donne, tredici vennero ritenute colpevoli. Sotto tortura le poverette confessarono crimini efferati e fecero il nome di altri complici. Vennero incarcerate quaranta donne. Isotta Stella, un’ultra sessantenne, morì per le torture, un’altra si gettò dalla finestra della stanza in cui era imprigionata. Il 13 gennaio del 1588, quando vennero accusate alcune nobildonne, a seguito della protesta del Consiglio degli Anziani, il Doge e il governatore di Genova chiesero al Vescovo Luca Fieschi di concludere il processo.

Arrivò a Triora un commissario straordinario della Repubblica di Genova, Giulio Scribani. Nel frattempo vennero condotte a Genova le tredici streghe incarcerate, oltre allo “stregone” Biagio Verrando.

“… Franceschina Ciocheto di Manuele, Giannina Ricolfa, Cattarina del Borigio e sua sorella Luchina, Gioaninetta Guerra e sua figlia Magdalena, Battestina moglie di Giovanni Giauna, Battestina Stella, Battestina Augera, Agostina Carlina, Battistina Carlina, Domeneghina Borella, Maria Matellona e Biagio Verrando giunsero a Genova…” (da “Bagiue – le streghe di Triora fantasia e realtà” di Sandro Oddo)

Scribani cercò nuove streghe anche nei paesi vicini di: Badalucco, Montalto, Castelvittorio, Andagna.

A Badalucco, Luchina, moglie di Paolo Rosso, morì dopo la tortura del cavalletto. Alla Fine di settembre, Marchetta, moglie di Matteo Bestagno di Montalto, dopo tre quarti d’ora di corda, confessò senza però sopravvivere. Una certa Giovannina, sempre a Montalto, torturata con il fuoco, riuscì a fuggire. Venne ripresa e nuovamente imprigionata. Il mattino seguente la trovarono con una corda intorno al collo.

Furono emesse sei condanne a morte, cinque confermate. Le cinque sfortunate vennero condotte nelle carceri genovesi, in attesa della fine dei processi. Mentre le autorità religiose non si prendevano la responsabilità di quello che stava accadendo, le donne si consumavano in prigione, cinque morirono. Delle altre non si conosce la fine.

Scribani venne scomunicato, in seguito riabilitato.

Tra le tante ipotesi sulla sorte delle streghe di Triora ve n’è una suggestiva, quella di San Martino di Struppa, un paese nell’entroterra genovese, indicato come luogo di deportazione per carcerati. “… Il libri parrocchiali, dal 1600 in poi, riportano il cognome “Bazoro”, oppure “Bazora”, che richiama inequivocabilmente il vocabolo dialettale ligure bàzura, baggiura oppure bàgiua, come viene indicata comunemente la strega in alta Valle Argentina. Pagine strappate dai documenti censuari, formule magiche contro le malattie tramandate dagli anziani avvolgono in un alone misterioso l’origine del borgo…” (da “ Bagiue – le streghe di Triora fantasia e realtà” di Sandro Oddo)

“Io stringo i denti e poi diranno che rido”, Franchetta Borelli, che si salvò.

Triora di notte (aprile 2023)

Foto di Simona M. e Stefano S.

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