Preraffaelliti e altri racconti

Presso il Museo Civico San Domenico di Forlì si possono ammirare le opere realizzate dai pittori Preraffaelliti fino al 30 giugno.

La pittura inglese dei primi decenni dell’ottocento è influenzata da pittori romantici come Blake e Füssli.

I Nazareni sono un gruppo di pittori romantici tedeschi. Vogliono rivitalizzare l’arte attraverso opere di stampo spirituale e rifacendosi agli antichi maestri come Beato Angelico, Perugino, Dürer, Raffaello, Michelangelo. Questi artisti vengono chiamati in modo dispregiativo Nazareni. Il loro modo di vestire ricorda i personaggi della Bibbia. Il primo a chiamarli con questo epiteto è Goethe, definendoli bigotti.

Ford Maddox Brown (pittore inglese, 1821-1893), pur non facendo parte della confraternita dei preraffaelliti, condivide i loro ideali ed è insofferente alla rigidità dell’Accademia. Durante un viaggio a Roma conosce la pittura italiana ed entra in contatto con i Nazareni. Torna in Inghilterra nel 1846; due anni dopo incontra Dante Gabriel Rossetti. Quest’ultimo gli presenta Millais e Hunt. Brown mostra ai nuovi amici quanto appreso in Italia.

La vergine col bambino di Ford Maddox Brown

Brown, nel 1845 a Roma, studia le opere di Peter von Cornelius e Johann Friedrich Overbeck. La sua tecnica pittorica ricorda quella dell’affresco.

Nel 1858 fonda il Club Hogarth, che prende il nome da William Hogarth (1697 – 1764), pittore, illustratore, autore satirico, incisore inglese. Brown e Dante Gabriel Rossetti, dopo il rifiuto delle opere preraffaelliti da parte dell’Accademia, tentano di formare un loro spazio espositivo permanente. Nonostante il successo iniziale, il Club Hogarth chiude nel 1861.

Omnia Vanitas di William Dyce – pittore influenzato dai Nazareni

Dante Gabriel Rossetti, William Holman Hunt e John Everett Millais nel 1848 fondano la confraternita dei preraffelliti. Il nome esprime il rifiuto di Raffaello, del manierismo e di quell’arte che per creare bellezza tradisce “la verità”. Riscoprono, così, la “pittura primitiva”, che li avvicina alla natura.

Nel settembre del 1848, Rossetti, Hunt, Millais, lo scultore Thomas Woolner, il pittore James Collinson, i letterati Frederick George Stephens, William Michael Rossetti (fratello di Dante) fondano P.R.B., Pre-Raphaelite Brotherhood a Gower Street n. 83 a Londra. Tutti, tranne William Michael Rossetti, provengono dalle scuole della Royal Accademy, la prestigiosa organizzazione nazionale dell’arte fondata da Sir Joshua Reynolds. Nasce un nuovo stile di pittura dai colori brillanti e “puri”, che si allontana dall’arte tardo barocca e venezieggiante definita “sloshy” (fangoso). Il movimento vive di contraddizioni: adotta temi sociali mescolandoli con un idealismo romantico tipico dell’epoca Vittoriana.

Un ruolo importante lo hanno due donne: Christina Rossetti (sorella di Dante) e Elizabeth Sidall, moglie e artista di Dante Gabriel Rossetti.

La stampa non accetta di buon grado i preraffaelliti. Dickens boccia l’opera di Millais, Cristo nella casa dei genitori, definendola pessima. A quel punto corre in soccorso, il critico e storico dell’arte John Ruskin. Ruskin in quel momento è affascinato da Welby Pugin, esponente di spicco dello stile neogotico inglese, e gli piace la pittura medievale. Il 13 e il 30 maggio del 1851 invia due lettere al Times, dove prende le difese dei preraffaelliti.

La vedova romana – Dante Gabriel Rossetti

Dante Garbriel Rossetti, di origini italiane, nasce a Londra nel 1828, al n. 38 di Charlotte Street a due passi dal British Museum. Sin da ragazzo si appassiona alla pittura e all’arte: Blake, Poe e Dante. I primi disegni da “Il corvo” di Poe e da “Il Faust” di Goethe risalgono al 1848. Negli anni cinquanta dell’ottocento, l’artista si dedica a temi medievali, soprattutto alla “Vita Nova” di Dante. Incontra Elizabeth Siddal e se ne innamora. Il loro legame è tormentato dalla salute malaticcia della donna e dalle infedeltà dell’uomo. Il 2 maggio del 1891 Elizabeth dà alla luce una figlia morta. Un anno dopo, l’11 febbraio, si suicida con una dose eccessiva di laudano. Oppresso dal rimorso, Rossetti inizia a soffrire di insonnia e depressione. In quegli anni dipinge donne dalle folte capigliature e labbra sensuali.

A Silent Wood

O silent wood, I enter thee
With a heart so full of misery
For all the voices from the trees
And the ferns that cling about my knees.

In thy darkest shadow let me sit
When the grey owls about thee flit;
There will I ask of thee a boon,
That I may not faint or die or swoon.

Gazing through the gloom like one
Whose life and hopes are also done,
Frozen like a thing of stone
I sit in thy shadow but not alone.

Can God bring back the day when we two stood
Beneath the clinging trees in that dark wood?

Elizabeth Siddal

Siddal

Il regno della Regina Vittoria dura sessantaquattro anni. La rivoluzione industriale crea una nuova classe di borghesi. Questi affiancano, spesso sostituiscono, gli aristocratici nel collezionismo. Aumentano le richieste di ritratti, di vedute e soggetti mitologici.

Elizabeth Siddal (1829-1862) diventa ben presto musa ideale dei pittori preraffaelliti. Nelle descrizioni dell’epoca appare come una donna dalla bellezza eterea, quasi fragile: collo lungo, alta, pelle di seta, carnagione chiara, capelli rossi rigogliosi.

John Everett Millais (1829-1896) la sceglie per la sua Ophelia (1852). Il quadro è di una bellezza singolare: i fiori e le piante sono dipinti con rigorosa fedeltà botanica. Alcuni provengono dall’Amleto di Shakespeare: ortica, margherite, salice. Altri sono aggiunti dal Millais, come le olmarie – simbolo di inutilità – e il papavero – immagine di morte -. Ophelia/Siddal giace nell’acqua, in una sorta di sepolcro naturale, dove tutto sembra compiersi per uno scopo.

Millais è un perfezionista, tanto da far immergere la sua modella in una vasca riscaldata con lampade a petrolio. L’acqua si raffredda e la giovane Siddal stoicamente continua a posare. In breve tempo si ammala di una brutta bronchite, che la renderà cagionevole di salute.

Intorno al 1850, grazie a Millais, Elizabeth incontra l’artista Dante Gabriel Rossetti (1828-1882). I due si innamorano perdutamente l’uno dell’altra, dando inizio ad una relazione tormentata. La precaria salute e la gelosia della modella compromettono il rapporto. In realtà il pittore non disdegna la compagnia di altre donne.

Dopo vari tentennamenti e rimandi da parte di Rossetti, finalmente si sposano il 23 maggio del 1860, a Hastings, nella chiesa di Saint Clement. Il 2 maggio del 1861 Elizabeth partorisce una figlia morta. Da questa tragedia la ragazza ne esce distrutta, a tal punto da fare uso di laudano, un medicamento in voga all’epoca. L’11 febbraio del 1862 muore per una dose eccessiva. Molti pensano a un suicidio.

Per tutta la vita Rossetti è oppresso dal rimpianto, che lo porta a soffrire di ricorrenti crisi depressive e all’utilizzo assiduo di alcol e cloralio, un forte medicinale che gli procura allucinazioni.

Alla morte dell’amata moglie, convinto di essere sul punto di perdere la vita, Rossetti scrive una serie di poesie, che fa seppellire con la salma. Dopo anni, nel 1870, decide di pubblicare una raccolta dei suoi scritti, compresi quelli che giacciono con Elizabeth. Circolano alcune leggende sulla riesumazione del cadavere, la più nota, messa in giro dall’agente Charles Augustus Howell (1840-1890), è quella in cui il corpo della sfortunata non sarebbe cambiato nonostante il passare del tempo, anzi, i capelli sarebbero cresciuti invadendo la bara.

La vicenda dell’esumazione si tinge di toni lugubri, rievoca la “Berenice” di Edgar Allan Poe e i racconti che circolano in quegli anni. Ci sono tutti gli ingredienti: dal quadro di Millais, in cui Elizabeth giace ostinatamente nell’acqua ghiacciata, alla sfortunata sorte della sua creatura; dalla morte per laudano alle crisi depressive di Rossetti; dall’esumazione della modella ai capelli che irrompono nell’immaginazione collettiva.

Nella fusione di arte, morte e vita, Elizabeth ne esce sconfitta, a tal punto da diventare materia di racconto, in alternativa “una delle muse di Rossetti”. Di rado viene menzionata come poetessa e pittrice.

John Everett Millais nasce l’8 giugno del 1829 a Southampton. A 11 anni, nel 1840, entra nelle scuole della Royal Accademy. Tra il 1850 e il 1860 dipinge le opere più importanti del movimento preraffaellita.

La figlia del boscaiolo – John Everett Milais
Claudio e Isabella (da Shakespeare) – William Holman Hunt

Effie Gray

John Ruskin (1819-1900) è uno storico molto apprezzato nel suo ambiente. Predilige la pittura di stampo medievale e ama il lavoro dei preraffaelliti. Grazie ai suoi scritti e alle sue conoscenze, li sostiene per anni. È amico di Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones e ammira il talentuoso John Everett Millais. Ed è proprio un quadro a cambiare per sempre la vita di Ruskin, Effie e Millais.

John Ruskin sposa Effie Gray nel 1848. Il matrimonio, nonostante la bellezza della ragazza, non viene consumato. A detta di Effie, Ruskin prova disgusto per il suo corpo.

Gli anni passano, la giovane moglie soffre di insonnia e depressione. I medici non capiscono le origini di questi malesseri. John Ruskin è preso esclusivamente dai suoi genitori e dagli studi. Effie diventa una specie di soprammobile da mostrare di tanto in tanto nella buona società.

Nel 1853 Millais trascorre un periodo di vacanza in Scozia, a Glen Finglas. Qui grazie al disinteresse di Ruskin e alla pioggia, ha il tempo di conoscere meglio Effie Gray. I due si innamorano. In quel periodo Millais dipinge il celebre quadro “Ritratto” di Ruskin.

Al ritorno a Londra, Effie scopre che il marito vorrebbe farla passare per una donna instabile. La donna gioca in anticipo e sfrutta i contatti rimasti. Per annullare il matrimonio si sottopone a spiacevoli visite mediche, che compravano la sua verginità. Il matrimonio viene annullato nel 1854, sollevando critiche e i pregiudizi della buona società. La riabilitazione arriva tardi, nonostante Effie Gray sposi John Everett Millais. Viene ricevuta, grazie alle insistenze del marito, a corte all’età di sessantasette anni.

William Holman Hunt nasce a Londra il 2/4/1827. E’ il meno famoso dei preraffaelliti, tuttavia è quello che più incarna gli ideali della Confraternita. Influenzato dallo spirito moralistico di Ruskin e da sentimenti religiosi, dipinge quadri sacri e soggetti letterari tratti da: Keats, Shakespeare, Tennyson.

Bianca (dall’Otello di Shakespeare) – William Holman Hunt
Il crepuscolo in Egitto – William Holman Hunt

Nel 1853 la confraternita dei preraffaelliti cessa di esistere come gruppo. Rossetti è una figura di spicco nel decennio che va dal 1860 al 1870. In seguito, a causa delle sue stravaganze e condizioni di salute, sprofonda nell’isolamento. Nel 1877 emerge il talento di Edward Burne-Jones.

Edward Burne-Jones nasce a Birmingham il 28 agosto del 1833. Dopo un incontro con Frederick George Watts, e appoggiato da Ruskin, decide, nel 1859, di fare un viaggio in Italia. L’artista rimane affascinato dall’arte di Ghirlandaio e Botticelli. Torna in Italia nel 1862 in compagnia di Ruskin, il quale cerca di trasmettergli l’amore per i pittori veneziani. L’interesse per la pittura italiana si affianca alla scultura antica. Un terzo viaggio in Italia lo avvicina all’arte di Michelangelo e Mantegna. I lavori di Burne-Jones si ispirano anche a opere letterarie, ad esempio a quelle di Malory e Ovidio.

Nel 1871 rimane folgorato da Michelangelo tanto da difenderlo dagli attacchi di Ruskin, che in una conferenza a Oxford, dice: “Il disegno di Michelangelo, quel motto fatale, era garanzia di morte”. Ruskin e Burne-Jones rimangono amici ma il sodalizio artistico termina, come era accaduto in precedenza tra il critico e Rossetti.

Gli arazzi che narrano la leggenda del Santo Graal rappresentano l’opera più monumentale creata da Burne-Jones ed eseguita dalla manifattura Morris & C
La testa funesta – Edward Burne-Jones
Perseo, per convincere Andromeda a sposarlo, le mostra la testa di Medusa, avendo cura di guardare solo il riflesso nell’acqua.
Amore tra le rovine – Edward Burne-Jones

Dagli appunti italiani di Burnes-Jones si apprende l’interesse dell’artista per Masaccio, Paolo Uccello, Botticelli, Giotto, Filippo e Filippino Lippi. Negli anni l’arte di Burnes-Jones viene influenzata dai lavori di altri illustri italiani: Mantegna, Piero di Cosimo e Michelangelo.

La bella addormentata – Edward Burne-Jones dalla serie The Briar Rose
Il principe entra nella foresta – Edward Burne -Jones
Sotto il dipinto l’iscrizione recita una poesia di W. Morris:
Il sonno fatidico ondeggia e fluisce
attorno al groviglio della rosa.
Ma ecco la mano e il cuore destinati
A scacciare la soporifera maledizione.
Particolare de “La corte nel giardino” – Edward Burne -Jones
Le tessitrici sono addormentate sui loro telai. Sotto il dipinto l’iscrizione recita una poesia di W. Morris:
«La giovane gioia del reame
Non conosce filo di voce, né il suo filo mano muove
L’acqua dormiente il calice non colma
Immobile la spola inquieta giace»
Edward Burne-Jones

Altri artisti della mostra:

Amore in autunno – Simeon Solomon

Simeon Solomon (1840-1905) è un artista poco conosciuto. La sua carriera si interrompe a causa dello scandalo pubblico in seguito agli arresti per omosessualità, nel 1873 e 1874, e per la dipendenza da alcol.

Speranza – George Frederic Watts

George Frederic Watts (1817-1904) è un pittore vittoriano, spesso associato al movimento simbolista.

Particolare di “Lezioni di musica” – Frederic Leighton

Frederic Leighton (1830-1896) è un disegnatore, pittore e scultore vittoriano.

Alleluia – Thomas Cooper Gotch

Thomas Cooper Gotch (1854 – 1931) viene spesso associato al movimento preraffaellita.

Le Danaidi – John William Waterhouse

John William Waterhouse (1849 – 1917) è un pittore preraffaellita.

Marie Spartali fotografata da Julia Margaret Cameron

Julia Margaret Cameron

Per comprendere lo spirito Vittoriano, carpirne il segreto, probabilmente dobbiamo osservare gli scatti di Julia Margaret Cameron (1815-1879), una delle più grandi ritrattiste della storia della fotografia. La sua tecnica è poco ortodossa, eppure la sua estetica tocca le corde dell’animo umano. I suoi ritratti sono lo specchio di un’epoca. Sceglie un fuoco morbido, una luce diretta e lunghe esposizioni che danno respiro ad ogni singolo movimento, risaltandone gesti e azioni.

Scopre il mezzo fotografico all’età di quarantotto anni, grazie all’attrezzatura ricevuta in dono dalla figlia.

Julia Margaret nasce a Calcutta nel 1815, si sposa nel 1838 con Charles Hay Cameron, dal quale ha cinque figli.

Nel 1848 si sposta con la famiglia in Inghilterra. Qui, grazie all’amicizia che la lega con il poeta Lord Alfred Tennyson, inizia a frequentare poeti, artisti e scrittori.

La serra diventa lo studio, mentre la capanna del carbone si trasforma in camera oscura.

La sua opera è composta da circa tremila lastre fotografiche.

La sua fortuna si incentra sulla sfocatura, che per l’epoca è un oltraggio, tuttavia le sue opere, ancora oggi, ci regalano un mondo di facce, sogni e memorie incontaminate.

La sua modella preferita è Julia Prinsep Jackson, la nipote. Julia nasce, come la zia, a Calcutta nel 1846; si sposa due volte, ha sette figli, tra cui la famosa scrittrice Virginia Woolf.

Julia, nonostante le molteplici attività umanitarie, è contraria al suffragio femminile. Ritiene che il ruolo della donna debba essere circoscritto alla filantropia e alla sfera domestica.

Un altro personaggio fotografato da Julia Margaret Cameron è la scrittrice inglese Virginia Woolf (1882-1941).

Tra i modelli di Julia Margaret sfilano personaggi illustri: il pittore John Everett Millais; l’artista George Frederic Watts; l’astronomo e matematico John Herschel; il poeta Robert Browning e il critico letterario William Michael Rossetti, fratello di Dante Gabriele Rossetti.

Medea di Mary Evelyn Pickering De Morgan

Mary Evelyn Pickering (1855 – 1919) pittrice. Fa parte della corrente estetista, simbolista e preraffaellita.

Periodo storico

È un momento storico decisivo, in cui le invenzioni tecnologiche provocano profonde trasformazioni sociali. L’epoca Vittoriana (1837-1901) vive il trionfo dell’industria, dei trasporti, della comunicazione. Nel 1850 le ferrovie superano i diecimila chilometri di lunghezza.

L’Inghilterra fornisce l’80% del carbone e la metà della produzione di ferro. L’impero britannico controlla quasi tutto il commercio marittimo del mondo. La rivoluzione industriale muta per sempre il volto di Londra. Il cuore pulsante delle attività commerciali è il porto. Dalle colonie arrivano merci di ogni specie: zucchero, spezie, tabacco, manufatti e cotone.

I più grandi architetti disegnano i teatri, i giardini, i musei, i parchi, le abitazioni signorili. Non mancano naturalmente le banche, i templi del capitalismo. Diventa netta la divisione tra i quartieri di lusso e i quartieri poveri, dove vivono, schiacciate dalla miseria, migliaia di persone.

Grazie alla rivoluzione industriale Londra è una città in piena espansione: centro commerciale ed economico capace di attirare immigrati da ogni dove. Gli irlandesi scappano dalla carestia delle patate, gli ebrei Ashkenazi fuggono dalle persecuzioni dell’Europa orientale. Questa enorme offerta di manodopera è la causa di un abbassamento dei salari e la diffusione di lavori saltuari.

I bambini contribuiscono alla vita familiare. Lavorano per pochi soldi come: garzoni, spazzacamini, lustrascarpe, fiammiferai, spazzini, venditori di fiori e giornali. Chi ha poche competenze è tagliato fuori. Possiamo soltanto immaginare la loro misera esistenza: bambini denutriti, costretti a vivere in quartieri malfamati, che si aggirano ricoperti di stracci e polvere tra i rifiuti, alla ricerca di cibo. Talvolta spazzano via il fango dalle strade; altre volte rubano per sopravvivere. Gli spazzacamini sono soprattutto bambini di sei o sette anni, gli unici in grado di arrampicarsi lungo le strettoie dei camini per ripulire le canne fumarie. Obbligati, quando hanno paura, dai propri padroni con punture di aghi ai piedi. Dormono per terra, su giacigli di fortuna. Il loro compenso è un tozzo di pane o pappa d’avena. Condividono con i piccoli lavoratori delle miniere la tubercolosi, l’asma, il cancro ai polmoni.

Nelle cave si lavora già a cinque anni e di rado si esce prima dei venticinque.

Le piccole operaie e ricamatrici lavorano quindici ore al giorno, in alcuni casi vengono legate al banco di lavoro perché non scappino. Le ragazzine più povere sono costrette a prostituirsi, talvolta hanno appena undici anni.

Londra è un gomitolo di storie, di vite pagate a caro prezzo.

Il ceto medio ostenta disprezzo e allo stesso tempo commisera i più sfortunati, spesso, per lavarsi la coscienza, crea orfanotrofi e organizza spettacoli di beneficenza.

Gli edifici popolari, nei sobborghi della città (Slums), minacciano di crollare da un momento all’altro. Nel vecchio quartiere di Whitechapel vivono in migliaia in case fatiscenti, puzzolenti e malfamate. Molti alloggi ospitano ottanta persone. L’aria è imbevuta di sudore, piscio ed escrementi.

Nascono gli ospizi, “Workhouse”, finanziati dalla corona in cui i poveri trovano una sorta di rifugio. La povertà è vista come qualcosa di disonorevole, Charles Dickens (1812-1870) descrive queste case lavoro come riformatori, in cui vivono intere famiglie. Qui gli indigenti sono obbligati a lavori manuali. Subiscono punizioni corporali e umiliazioni di ogni specie.

Nel 1849, all’ospizio dei bambini poveri di Tooting, un sobborgo non lontano da Londra, l’epidemia di colera fa centoottanta vittime, l’istituto ospita millequattrocento bambini. Il medico, dopo l’ispezione del sito, commenta: “In una stanza di sedici piedi per tredici, alta meno di otto piedi, c’erano cinque letti occupati da undici bambini, tutti malati di colera; in un’altra stanza delle stesse dimensioni c’erano quattro letti con tredici pazienti colerosi, quattro dei quali in un letto, e tre in ciascuno degli altri.”

Nelle Common Lodging-Houses (alloggi popolari) i meno abbienti sono accolti in una o più stanze con il resto degli altri residenti.

Le Doss Houses, i dormitori pubblici, sono gli unici alloggi disponibili per i senza tetto, in cui vivono venti persone pressate le une sulle altre. Le donne sono costrette a vendere il proprio corpo per una moneta o un piatto di minestra. In inverno, nei giorni più freddi, il fumo dei camini, dei gas delle concerie, delle fabbriche si mescola alla tetra nebbia londinese, creando quella che la gente simpaticamente chiama “zuppa di piselli”. Una nebbia nociva, densa e giallastra in grado di eclissare le luci dei lampioni. Nel 1873 la “foschia” avvolge la città per giorni, uccidendo duecentosessantotto persone; un certo John Sartain, incisore e amico di Edgar Allan Poe, le attribuisce il nome di “pea soup” (zuppa di piselli).

Aubrey Beardsley

A cinquantacinque anni John Ruskin detiene il prestigioso titolo di Slade Professor of Fine Art, è uno degli intellettuali che il futuro commediografo Oscar Wilde (1854-1900) ammira negli ambienti di Oxford. Nel trimestre autunnale del 1874, Ruskin tiene una serie di lezioni su “Scuole d’arte estetiche e matematiche in Firenze”. La sua critica d’arte torna spesso all’età medievale, soprattutto nel periodo gotico legato alla fede. A suo parere, il Rinascimento quanto più fiorisce tanto più degenera. Una parte dell’estetica di Wilde la si deve a Ruskin.

Wilde attinge molto dalle conversazioni con il celebre Professore, dopo l’università gli scrive: “… In lei c’è qualcosa del profeta, del sacerdote e del poeta, e a lei gli dei hanno dato un’eloquenza quale non hanno concesso a nessun altro, così che il suo messaggio potesse giungerci con fuoco della passione e la meraviglia della musica, facendo udire i sordi, e vedere i ciechi.”

È un’epoca particolare, dove la ricerca del piacere sposa la frenesia dell’eccesso. Negli ultimi decenni del XIX secolo gli intellettuali, i poeti, gli artisti, gli scrittori smettono di copiare la realtà e si cimentano in nuove forme di espressione, tra cui il simbolismo. A Parigi, centro culturale del tempo, nasce la Bohème, dove l’artista rifiuta di sottostare alle regole borghesi.

Nel 1891, anno in cui Oscar Wilde scrive “Salomè”, la moda è immersa ancora nel “Medioevo fiabesco di Re Artù”, tra sfavillanti scoperte di stampe cinesi e giapponesi. Qualche anno più tardi, nel 1893, un giovane artista di nome Aubrey Beardsley (1872-1898) illustra l’opera di Wilde in occasione della prima francese.

“Salomè” è un bazaar di colori: troviamo una donna fatale, un tetrarca osceno, un profeta sexy ed emaciato. Il giovane Beardsley coglie il linguaggio di Wilde, illustrando l’erotismo e il simbolismo, attraverso l’inconfondibile tratto curvo, elegante, preciso, puro. Poco importa che Beardsley e Wilde siano artisti geniali, entrambi vengono puniti dalla società: il primo con il licenziamento da “The Yellow Book” per l’amicizia che lo lega a Wilde; il secondo con due anni di prigione per omosessualità (1895).

Quando i due si incontrano per caso a Dieppe, il 19 luglio 1897, Wilde invita Beardsley a cena nel suo albergo. Quest’ultimo non si presenta e parte per Boulogne.

Wilde commenta: “Se fosse stato uno della mia classe sociale forse l’avrei capito. Non so se rispetto di più quelli che mi vedono o quelli che non mi vedono. Ma un ragazzo come lui, che ho creato io! No, è stato davvero lâche (vile) da parte di Aubrey!”

Sebbene i disegni di Beardsley abbiano anticipato l’Art Nouveau, con quei richiami orientaleggianti e rievocazioni preraffaellite, l’artista cade nel dimenticatoio, pagando ingiustamente una condanna morale. I suoi lavori sono visti come grotteschi, bizzarri, il più delle volte osceni. Eppure il tratto curvo, utilizzato spesso negli anni a seguire, influenzerà artisti come il ceco Alfons Mucha (1860-1939), rivoluzionando l’arte di quegli anni.

Mary Fraser Tytler

In quel periodo si muovono personaggi idolatrati dal pubblico e dalla critica, come la francese Sarah Bernhardt (1844-1923), considerata la più grande attrice teatrale del XIX secolo. Wilde, immaginandola nelle vesti della Regina Elisabetta, commenta: “Sarebbe meravigliosa in quei mostruosi abiti coperti di pavoni e di perle!”.

Sempre in quel periodo entrano in scena artisti meno famosi, tra queste c’è Mary Fraser Tytler (1849-1938), moglie del pittore George Frederic Watts (1817-1904). Tytler sposa Watts nel 1886, dopo il matrimonio lavora a bassi rilievi celtici e a progetti in stile Art Noveau. Fa parte del gruppo artistico “Arts and Crafts” (arti e mestieri), una sorta di movimento in cui gli intellettuali recuperano l’artigianato, prediligendolo all’industria. Questa nuova rivoluzione sposa le tesi dell’architetto Augustus Welby Northmore Pugin (1812-1852), il quale sostiene che il gotico sia l’unica tecnica creativa inglese. Nasce il neogotico, che, come chiarisce Pugin, non è una copia delle vecchie cattedrali inglesi, ma è la continuazione di un ragionamento architettonico interrotto secoli prima con il Rinascimento e la Riforma. Tra i seguaci di Pugin c’è lo storico John Ruskin. L’artista e scrittore William Morris (1834-1896), contagiato prima da Ruskin e poi dagli amici preraffaelliti, crea un movimento artistico simile ad una corporazione medievale, in cui, in netto contrasto con l’industria, si disegnano, si progettano e producono: mobili, tappeti, tessuti e metalli.

Tornando a Mary Fraser Tytler, il progetto più ambizioso dell’artista è la cappella mortuaria Watts presso il cimitero di Compton. Lì, Mary, aiutata dalla gente del posto, crea un monumento unico. L’esterno è costituito da pannelli di terracotta di ispirazione celtica e Art Noveau, mentre l’interno è un tripudio di foglie, cherubini, angeli realizzati in gesso dipinto e dorato.

Margaret Mackintosh

In quel momento storico di ricerca, bellezza ed esaltazione della natura, un’altra artista fa parlare di sé in Gran Bretagna, il suo nome è Margaret Mackintosh (1864-1933), oggi sconosciuta ai più. L’artista lavora con qualsiasi tipo di materiale, dalla stoffa al metallo, dalle pietre al gesso. I suoi pannelli, con le sue dame misteriose, tra fiori, gioielli e curve geometriche, ispirano artisti come Gustav Klimt.

La storia dell’arte appare come una sorta di mappa, dove ogni giorno nascono e muoiono personaggi, movimenti, amori. In quel profondo oceano creativo nuotano strane figure. Alcune vedono la luce, molte rimangono nell’ombra. Mackintosh, Tytler e Beardsley hanno influenzato, ispirato, fatto sognare, eppure per “moralità” e “misoginia” sono stati dimenticati.

***

Mi sarebbe piaciuto inserire anche altri quadri e parlare del movimento artistico Arts and Crafts, il post è già lungo così. Spero di riuscirci in futuro.

Fonti

“La mappa dell’immaginazione” di Simona Matarazzo

I Preraffaelliti” di Maria Teresa Benedetti, ed. Giunti (1986)

Art Book – Preraffaelliti” a cura di Stefano Peccatori e Stefano Zuffi testo di Gabriele Crepaldi, ed. Leonardo Arte

Salomè” di Oscar Wilde introduzione di Alberto Arbasino, traduzione di Domenico Porzio ed. Rizzoli (1974)

Oscar Wilde” di Richard Ellmann traduzione di Ettore Capriolo ed. Rizzoli (1991)

Lascia un commento